Festeggiamenti?
di Federica Ciccariello
Spesso associamo alcuni mesi ad una particolare ricorrenza che vi si celebra. E così come Dicembre appare il “mese di Natale”, di marzo si ricorda il più famoso giorno, ovvero l’8 , festa della donna! Sembra già di vedere le strade colorarsi di una sfumatura gialla, sentire auguri scambiati così, a volte distrattamente, come per prassi. Le mimose che fioriscono nei giardini, e i manifesti che per strada sponsorizzano una particolare serata al femmine. I locali che si preparano all’evento, i fiorai che già calcolano l’affare di guadagno che trarranno dai festeggiamenti di una ricorrenza che non dovrebbe avere nulla dell’odore della festa. Infatti, anche se purtroppo molti ne ignorano le origini, o perlomeno lo sviluppo, l’8 Marzo, nata come giornata di lotta è divenuta sempre più commercializzata, perdendo l’importante significato storico-sociale che essa rappresenta. Puntualmente ogni anno si sente qualcuno che dice “Ah, sì… ricordo qualcosa. Il fatto dell’incendio…”. Proprio così, ricordi sbiaditi, appresi quasi per caso e citati con lo stesso tono di come si ricorda una favola dell’infanzia.
Ebbene, la storia è diversa, e forse meriterebbe un po’ più di conoscenza. Nella festa della donna non è tanto l’emancipazione femminile che si festeggia, quanto proprio la “liberazione” femminile degli atavici pregiudizi di ineguaglianza. Perché se nei tempi antichi la donna aveva un’importanza rilevante anche nell’ambito sociale (si pensi alla civiltà egizia, alle polis greche, all’antica Roma, dove erano perfino sette le giornate dedicate alla celebrazione delle diverse virtù delle donne), con il passare del tempo però, questa mentalità è andata annebbiandosi, complice anche la diffusione delle diverse religioni che presentavano la scissione profonda della donna, descritta o come santa o come peccatrice; fino ad arrivare poi al Medioevo, dove la considerazione della figura femminile è degenerata in ignoranti superstizioni di stregoneria che sono costate la vita a non poche persone. Con l’età della Ragione si è avuto il risveglio delle coscienze, e in questo periodo si fondano le radici della successiva mobilitazione sociale. Parlando di date, è al ‘900 che risale l’origine di questa festa, precisamente al 1910, quando nell’Internazionale Socialista di Copenaghen, Clara Zetkin e Rosa Luxemburg propongono l’istituzione di una giornata per la lotta dei diritti delle donne. Si pensò all’8 marzo, forse in riferimento alla data del primo sciopero delle lavoratrici newyorkesi del 1857, represso dalla polizia, o alla cronaca americana del primo secolo, non sicuramente attendibile: l’incendio dell’opificio Cotton di Chicago in cui persero la vita 129 lavoratrici, rinchiuse nella fabbrica dal proprietario per impedirle di uscire; o in riferimento al 1909 quando le operaie della Triangle Shirtwaist Company di New York iniziarono una protesta che si protrarrà per due anni, culminando con l’incendio in cui 146 donne, per la maggioranza immigrate italiane ed ebree, morirono tra le fiamme, chiuse nell’edificio per il timore dei proprietari che rubassero qualcosa o facessero troppe pause. Sembra che in quell’occasione l’assicurazione risarcì le famiglie delle vittime: 75 dollari fu quantificata in monete la vita di una donna!
Se questi eventi sono realmente accaduti o no, poco importa per il significato vero della ricorrenza. La data è stata considerata come simbolo della rivendicazione dei diritti naturali delle donne, e per questo anche le operaie di Pietroburgo manifestarono in questo giorno, nel 1917, contro la guerra e la carestia per fame. E così, nel 1977, l’UNESCO proclama tale data giornata internazionale della donna, anche se nei paesi europei già da molto veniva ricordata. Infatti risale al 1946 la tradizionale associazione, tipica in Italia, della giornata alle mimose: in quell’anno l’UDI (Unione Donne Italiane) pensò ad un fiore che accompagnasse, come riconoscimento, quella giornata. Anche se forse la scelta fu orientata da questioni pratiche, per lo più economiche , la mimosa esprime a pieno l’intento di quelle donne, poiché il colore giallo è simbolo di forza e vittoria, del passaggio dalla morte alla vita, di rinascita, proprio come la pianticella vigorosa e gentile che lo fiorisce, che non appassisce mai durante il corso delle stagioni eppure si rinnova sempre. L’ 8 marzo non è una giornata “femminista” ma è una questione di diritti, di riscatto, di uguaglianza sociale in ogni sua forma, e rammarica sapere che nel terzo millenio è ancora diffusa la mentalità secondo cui “sono due i posti adatti ad una donna: la casa di suo marito e la tomba”.
Spesso associamo alcuni mesi ad una particolare ricorrenza che vi si celebra. E così come Dicembre appare il “mese di Natale”, di marzo si ricorda il più famoso giorno, ovvero l’8 , festa della donna! Sembra già di vedere le strade colorarsi di una sfumatura gialla, sentire auguri scambiati così, a volte distrattamente, come per prassi. Le mimose che fioriscono nei giardini, e i manifesti che per strada sponsorizzano una particolare serata al femmine. I locali che si preparano all’evento, i fiorai che già calcolano l’affare di guadagno che trarranno dai festeggiamenti di una ricorrenza che non dovrebbe avere nulla dell’odore della festa. Infatti, anche se purtroppo molti ne ignorano le origini, o perlomeno lo sviluppo, l’8 Marzo, nata come giornata di lotta è divenuta sempre più commercializzata, perdendo l’importante significato storico-sociale che essa rappresenta. Puntualmente ogni anno si sente qualcuno che dice “Ah, sì… ricordo qualcosa. Il fatto dell’incendio…”. Proprio così, ricordi sbiaditi, appresi quasi per caso e citati con lo stesso tono di come si ricorda una favola dell’infanzia.
Ebbene, la storia è diversa, e forse meriterebbe un po’ più di conoscenza. Nella festa della donna non è tanto l’emancipazione femminile che si festeggia, quanto proprio la “liberazione” femminile degli atavici pregiudizi di ineguaglianza. Perché se nei tempi antichi la donna aveva un’importanza rilevante anche nell’ambito sociale (si pensi alla civiltà egizia, alle polis greche, all’antica Roma, dove erano perfino sette le giornate dedicate alla celebrazione delle diverse virtù delle donne), con il passare del tempo però, questa mentalità è andata annebbiandosi, complice anche la diffusione delle diverse religioni che presentavano la scissione profonda della donna, descritta o come santa o come peccatrice; fino ad arrivare poi al Medioevo, dove la considerazione della figura femminile è degenerata in ignoranti superstizioni di stregoneria che sono costate la vita a non poche persone. Con l’età della Ragione si è avuto il risveglio delle coscienze, e in questo periodo si fondano le radici della successiva mobilitazione sociale. Parlando di date, è al ‘900 che risale l’origine di questa festa, precisamente al 1910, quando nell’Internazionale Socialista di Copenaghen, Clara Zetkin e Rosa Luxemburg propongono l’istituzione di una giornata per la lotta dei diritti delle donne. Si pensò all’8 marzo, forse in riferimento alla data del primo sciopero delle lavoratrici newyorkesi del 1857, represso dalla polizia, o alla cronaca americana del primo secolo, non sicuramente attendibile: l’incendio dell’opificio Cotton di Chicago in cui persero la vita 129 lavoratrici, rinchiuse nella fabbrica dal proprietario per impedirle di uscire; o in riferimento al 1909 quando le operaie della Triangle Shirtwaist Company di New York iniziarono una protesta che si protrarrà per due anni, culminando con l’incendio in cui 146 donne, per la maggioranza immigrate italiane ed ebree, morirono tra le fiamme, chiuse nell’edificio per il timore dei proprietari che rubassero qualcosa o facessero troppe pause. Sembra che in quell’occasione l’assicurazione risarcì le famiglie delle vittime: 75 dollari fu quantificata in monete la vita di una donna!
Se questi eventi sono realmente accaduti o no, poco importa per il significato vero della ricorrenza. La data è stata considerata come simbolo della rivendicazione dei diritti naturali delle donne, e per questo anche le operaie di Pietroburgo manifestarono in questo giorno, nel 1917, contro la guerra e la carestia per fame. E così, nel 1977, l’UNESCO proclama tale data giornata internazionale della donna, anche se nei paesi europei già da molto veniva ricordata. Infatti risale al 1946 la tradizionale associazione, tipica in Italia, della giornata alle mimose: in quell’anno l’UDI (Unione Donne Italiane) pensò ad un fiore che accompagnasse, come riconoscimento, quella giornata. Anche se forse la scelta fu orientata da questioni pratiche, per lo più economiche , la mimosa esprime a pieno l’intento di quelle donne, poiché il colore giallo è simbolo di forza e vittoria, del passaggio dalla morte alla vita, di rinascita, proprio come la pianticella vigorosa e gentile che lo fiorisce, che non appassisce mai durante il corso delle stagioni eppure si rinnova sempre. L’ 8 marzo non è una giornata “femminista” ma è una questione di diritti, di riscatto, di uguaglianza sociale in ogni sua forma, e rammarica sapere che nel terzo millenio è ancora diffusa la mentalità secondo cui “sono due i posti adatti ad una donna: la casa di suo marito e la tomba”.
2 Comments:
L PRET SO TOST........ E PUR LA PAGNOTT!!!!
/si pensi alla civiltà egizia, alle polis greche, all’antica Roma, dove erano perfino sette le giornate dedicate alla celebrazione delle diverse virtù delle donne/
mmm... forse l'esempio romano non e' proprio felice. Se non ricordo male, e non ricordo male, in Roma antica vigeva, a favore del marito nei confronti della mulier, lo jus vitae ac necis {il diritto di vita e morte} per il solo fatto che questa avesse rubato le chiavi della cella vinaria.
Come dire: quando la mia ragazza,il fine settimana di riposo, beve un paio di drink e si diverte a me nessuno puo' impedirmi poi di defenestrarla dal locale...
Ovviamente e' un esempio per sdrammatizzare...ma non troppo.
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