Giovani e politica
di Emanuele Di Mascolo
Quando questo articolo verrà letto, Gaeta avrà con ogni probabilità eletto il suo Sindaco ed annessa giunta. Il Sindaco che verrà si troverà a dover gestire una situazione non certo facile, un’eredità pesante. Gaeta attraversa uno dei suoi periodi peggiori, è ferma, o meglio si muove solo per qualcuno, che poi sono sempre quelli che hanno “le mani sulla città” da sempre , le stesse facce, lì pronti a difendere i propri interessi e quelli degli “altri”, gli amici degli amici. Ma scopo di chi scrive, è però un altro; non solo quello di denuncia della politica e dei “politici” a Gaeta, ma bensì anche, la volontà di porre all’attenzione della comunità, un aspetto importantissimo dello scenario politico nostrano, una questione mai risolta e posta correttamente: la questione giovanile. È inutile sottolineare come, aldilà delle dichiarazioni di facciata, su presunte necessità di giovani in politica, esista un meccanismo che di fatto, opera un allontanamento di questi dalla politica. Questo meccanismo tende essenzialmente alla rappresentazione della politica come qualcosa di tecnico, specialistico, roba da addetti ai lavori. E gli addetti ai lavori si guardano bene che le cose rimangano immutate. Sono come una casta che si erige sulle spalle della gente e parassita, creando relazioni di potere e dipendenza. “Se mi voti metto a lavorare tuo figlio”, “hai bisogno della spiaggia o devi costruire qualcosa, portami voti e vediamo quello che si può fare”. Questi sono ricatti, ancor più squallidi quando giocano sulle necessità dei poveracci, che si vendono per un piatto di maccheroni, o come si dice da noi “pe le ranelle”. I custodi dell’accesso alle risorse come il lavoro, la salute, la casa, la cultura, trasformano dei diritti di ciascuno in merce di scambio e baratto per la loro candidatura. Chi fa politica in questa maniera è un delinquente.
Nello scenario politico nostrano i giovani sono considerati alla stregua di minoranze, come le donne del resto. Malgrado gli sforzi stimabili di qualche lista nel promuovere l’accesso delle giovani generazioni nelle istituzioni cittadine, lo scenario rimane pressoché deprimente. Esiste un fronte conservatore nei partiti e nei movimenti, siano di destra o di sinistra, che di fatto preclude e si chiude ad un ricambio generazionale, e ciò gli è possibile grazie a quel meccanismo che rappresenta la politica come qualcosa di meramente tecnico, specialistico. Man mano siamo stati relegati ai margini, siamo confluiti nel privato, diventando passivi, indifferenti ed ahimé innocui. All’idea di uno spazio pubblico che ci riguarda, e dunque anche da noi dovrebbe essere gestito, abbiamo sostituito il nulla. Basta guardarci per capire a cosa ci siamo ridotti. Alcuni di noi si sono immolati a difensori della “razza pura gaetana”, disdegnando napoletani e formiani e tutto ciò che non ha odore di tiella d’ purp’, scadendo nel più oscuro provincialismo che farebbe persino paura ai nostri nonni. Altri considerandoci “razza caina” non vedono l’ora di andare via da questo pantano, una nuova generazione di migranti viene allevata a Gaeta in attesa che arrivino i tonni. Siamo divisi in comitive, ognuna ha il suo muretto da scaldare, siamo come tribù che non si parlano che non comunicano. Eppure basterebbe soffermarsi un attimo in più, per scorgere tutta la nostra forza, che è li sotto i nostri occhi: siamo tanti. Tanti figli di una madre che qualcuno prontamente umilia, signorotti accattoni, sovrani della sabbia. Oggi è tempo di cominciare a voltare pagina, il vento deve cominciare a spirare dalla nostra parte. Costituiamo associazioni culturali, politiche, cooperative di lavoro, gruppi di discussione; organizziamo campagne di sensibilizzazione, eventi, feste e tutto ciò che possa permetterci di esprimere ciò che abbiamo da dire. Ognuno lo farà a suo modo, con i propri mezzi e le proprie idee; il motto deve essere “colpire uniti marciare separati”. È una lotta per la nostra autonomia, in quanto categoria sociale e politica, per la nostra indipendenza culturale.
La questione della rappresentatività è di vitale importanza, abbiamo bisogno di facce e nomi che ci tutelino, che portino le nostre istanze quanto più in alto possibile, e cosa più importante si battano per realizzarle. Ai signori che ci chiedono di “onorarli”di far parte delle loro liste, dobbiamo rispondere che non portiamo solo probabili voti, ma lotta, voglia di cambiare, di chiuderla con una certa maniera di far politica. Solo in questa maniera svolgeremo un servizio leale alla nostra causa di indipendenza, altrimenti non saremo altro che burattini elettorali, sedotti ed abbandonati. Il fine a cui tendere è un forum giovanile con poteri consultivi, una casa di tutti i giovani di Gaeta. Ma è ovvio che questo è un traguardo oggi lontano;la strada è disseminata di tappe intermedie, e la prima è quella di creare organizzazioni giovanili dal basso che dove possibile collaborino e si prestino mutuo soccorso reciproco. So già che questo articolo a qualcuno non piacerà perché percepito come troppo “militante”, ma dato che da un militante è scritto, non poteva che essere altrimenti. Auguro a tutti quelli che percorreranno la strada della lotta per la nostra indipendenza ed autonomia buona fortuna; ricordandogli che questo, è solo l’inizio.
Quando questo articolo verrà letto, Gaeta avrà con ogni probabilità eletto il suo Sindaco ed annessa giunta. Il Sindaco che verrà si troverà a dover gestire una situazione non certo facile, un’eredità pesante. Gaeta attraversa uno dei suoi periodi peggiori, è ferma, o meglio si muove solo per qualcuno, che poi sono sempre quelli che hanno “le mani sulla città” da sempre , le stesse facce, lì pronti a difendere i propri interessi e quelli degli “altri”, gli amici degli amici. Ma scopo di chi scrive, è però un altro; non solo quello di denuncia della politica e dei “politici” a Gaeta, ma bensì anche, la volontà di porre all’attenzione della comunità, un aspetto importantissimo dello scenario politico nostrano, una questione mai risolta e posta correttamente: la questione giovanile. È inutile sottolineare come, aldilà delle dichiarazioni di facciata, su presunte necessità di giovani in politica, esista un meccanismo che di fatto, opera un allontanamento di questi dalla politica. Questo meccanismo tende essenzialmente alla rappresentazione della politica come qualcosa di tecnico, specialistico, roba da addetti ai lavori. E gli addetti ai lavori si guardano bene che le cose rimangano immutate. Sono come una casta che si erige sulle spalle della gente e parassita, creando relazioni di potere e dipendenza. “Se mi voti metto a lavorare tuo figlio”, “hai bisogno della spiaggia o devi costruire qualcosa, portami voti e vediamo quello che si può fare”. Questi sono ricatti, ancor più squallidi quando giocano sulle necessità dei poveracci, che si vendono per un piatto di maccheroni, o come si dice da noi “pe le ranelle”. I custodi dell’accesso alle risorse come il lavoro, la salute, la casa, la cultura, trasformano dei diritti di ciascuno in merce di scambio e baratto per la loro candidatura. Chi fa politica in questa maniera è un delinquente.
Nello scenario politico nostrano i giovani sono considerati alla stregua di minoranze, come le donne del resto. Malgrado gli sforzi stimabili di qualche lista nel promuovere l’accesso delle giovani generazioni nelle istituzioni cittadine, lo scenario rimane pressoché deprimente. Esiste un fronte conservatore nei partiti e nei movimenti, siano di destra o di sinistra, che di fatto preclude e si chiude ad un ricambio generazionale, e ciò gli è possibile grazie a quel meccanismo che rappresenta la politica come qualcosa di meramente tecnico, specialistico. Man mano siamo stati relegati ai margini, siamo confluiti nel privato, diventando passivi, indifferenti ed ahimé innocui. All’idea di uno spazio pubblico che ci riguarda, e dunque anche da noi dovrebbe essere gestito, abbiamo sostituito il nulla. Basta guardarci per capire a cosa ci siamo ridotti. Alcuni di noi si sono immolati a difensori della “razza pura gaetana”, disdegnando napoletani e formiani e tutto ciò che non ha odore di tiella d’ purp’, scadendo nel più oscuro provincialismo che farebbe persino paura ai nostri nonni. Altri considerandoci “razza caina” non vedono l’ora di andare via da questo pantano, una nuova generazione di migranti viene allevata a Gaeta in attesa che arrivino i tonni. Siamo divisi in comitive, ognuna ha il suo muretto da scaldare, siamo come tribù che non si parlano che non comunicano. Eppure basterebbe soffermarsi un attimo in più, per scorgere tutta la nostra forza, che è li sotto i nostri occhi: siamo tanti. Tanti figli di una madre che qualcuno prontamente umilia, signorotti accattoni, sovrani della sabbia. Oggi è tempo di cominciare a voltare pagina, il vento deve cominciare a spirare dalla nostra parte. Costituiamo associazioni culturali, politiche, cooperative di lavoro, gruppi di discussione; organizziamo campagne di sensibilizzazione, eventi, feste e tutto ciò che possa permetterci di esprimere ciò che abbiamo da dire. Ognuno lo farà a suo modo, con i propri mezzi e le proprie idee; il motto deve essere “colpire uniti marciare separati”. È una lotta per la nostra autonomia, in quanto categoria sociale e politica, per la nostra indipendenza culturale.
La questione della rappresentatività è di vitale importanza, abbiamo bisogno di facce e nomi che ci tutelino, che portino le nostre istanze quanto più in alto possibile, e cosa più importante si battano per realizzarle. Ai signori che ci chiedono di “onorarli”di far parte delle loro liste, dobbiamo rispondere che non portiamo solo probabili voti, ma lotta, voglia di cambiare, di chiuderla con una certa maniera di far politica. Solo in questa maniera svolgeremo un servizio leale alla nostra causa di indipendenza, altrimenti non saremo altro che burattini elettorali, sedotti ed abbandonati. Il fine a cui tendere è un forum giovanile con poteri consultivi, una casa di tutti i giovani di Gaeta. Ma è ovvio che questo è un traguardo oggi lontano;la strada è disseminata di tappe intermedie, e la prima è quella di creare organizzazioni giovanili dal basso che dove possibile collaborino e si prestino mutuo soccorso reciproco. So già che questo articolo a qualcuno non piacerà perché percepito come troppo “militante”, ma dato che da un militante è scritto, non poteva che essere altrimenti. Auguro a tutti quelli che percorreranno la strada della lotta per la nostra indipendenza ed autonomia buona fortuna; ricordandogli che questo, è solo l’inizio.
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