La nostra arte
di Paolo Coiro
La classica domanda, quando si tratta di arte è: “Cos’è per te l’arte?”. Domande abbastanza banali, tipo l’intervista alla velina mora alla quale le viene chiesto: “Come dovrebbe essere il tuo uomo preferito?”. E lei: “Prima cosa, deve essere intelligente, poi deve farmi ridere e deve essere un gentiluomo, un uomo fine”. Bene, bene. Ha le idee chiare la ragazza. Vado dalla parrucchiera, prendo in mano Novella 2000 e leggo in prima pagina: “La velina Melissa in vacanza con il suo nuovo fidanzato: Bobo Vieri”. Mah… Punti di vista.
L’arte, dal canto suo, non deve essere riposta in categorizzazioni, in risposte brevi a domande secche. Impossibile classificarla, perché l’arte è intorno a noi. La respiriamo tutti i santi giorni, anche se pochi si accorgono che quell’aria, se inspirata come si deve, possiede mille e uno benefici. L’arte, il desiderio di esplorare, di creare, di conoscere pensieri, parole, opere… punti di vista nella visione del mondo, ideologie e tutto quanto rientra nell’abisso infinito dell’arte, è connaturata al nostro desiderio di essere uomini. A questo punto, come il cacio sui maccheroni, è quasi spontaneo andare a rileggersi uno stralcio del discorso - tenuto al Politecnico di Zurigo nel 1856 - del critico per antonomasia Francesco De Sanctis: “Voi siete in un’età, nella quale, impazienti dell’avvenire, ciascuno se lo figura a sua guisa. Quali sono i vostri sogni? Che cosa desiderate voi? Fare l’ingegnere? È giusto: ciò dee servire alla vostra vita materiale. Ma, e poi? Oltre la carne vi è in voi l’intelligenza, il cuore, la fantasia, che vogliono esser soddisfatte. Oltre l’ingegnere vi è in voi il cittadino, lo scienziato, l’artista. Ciascuno si fa fin da ora una vocazione letteraria. Né vi meravigliate, poiché la letteratura non è già un fatto artificiale; essa ha sede al di dentro di voi. La letteratura è il culto della scienza, l’entusiasmo dell’arte, l’amore di ciò che è nobile, gentile, bello; e vi educa ad operare non solo per il guadagno che ne potete ritrarre, ma per esercitare, per nobilitare la vostra intelligenza, per il trionfo di tutte le idee generose. Questo è ciò ch’io chiamo vocazione letteraria; e voi m’intendete, o giovani, voi, ne’ quali l’umanità ogni volta si spoglia delle sue rughe e si ribattezza a vita più bella”.
Parole dense di vita, di spirito, e di arte. Dovremmo leggerle ogni mattina (soprattutto noi giovani), o mentre ammazziamo il tempo in passatempi inutili che hanno l’unico scopo di refrenare timidi avanzamenti di noia. Si vedono ragazzi che a 18-19 anni vivono nel “non senso”, nell’appiattimento. Non hanno una direzione. Non si vuol intraprendere un discorso sociologico o dare consigli (non ne sono in grado); però, tutti dovrebbero capire che la nostra vita è un capolavoro. Bisogna vivere in un’opera d’arte, con la consapevolezza vivida che si è attori del nostro presente. Acciuffare il nostro tempo in un respiro, creare qualcosa partendo da noi stessi, sbattere più volte in faccia ai muri per poi trovarne uno di cartongesso facile da abbattere. È la nostra arte, siamo tutti degli artisti. Non è un discorso avanguardistico, ma reale. Quel contadino che coltiva il suo pezzo di terra per tutto l’anno, e a fine Luglio vede le sue spagnolette venir su in ottima forma, belle, grandi e polpose. A fine giornata, si poggia su una zolla di terra e ammira il suo orto. Questi, è un uomo che contempla la sua opera d’arte, questi è Dante che rilegge la Commedia, questi è Ungaretti che interpreta le proprie poesie, questi è Van Gogh che guarda il suo quadro di girasoli con occhio clinico.
Siamo fatti di carne, di sangue e di arte. È questa la vera differenza tra uomo e animale. La vita di ognuno di noi può essere un capolavoro. Non bisogna essere grandi geni o grandi artisti per renderla tale. La nostra vita comune è piena d’arte. Se leggi un libro accompagnato da un buon bicchiere di vino e riscaldato da un camino, sei un artista. Se ti fermi a guardare un tramonto e cerchi di entrarci dentro con il cuore e con la mente, sei un artista. L’altrove fantastico, emozionante, quindi artistico, possiamo raggiungerlo con pochi mezzi a disposizione. Quel “Nessun luogo è lontano”, titolo che Richard Bach ha dato ad un suo fortunato libro, può essere inteso anche così: il luogo poetico, la voglia di vita spremuta e sorridente, l’ardore della conoscenza per far sempre più parte di questa benedetta terra… È tutto lì, dietro l’esser diventati uomini, grandi artisti nel nostro piccolo; guerriglieri pacifici pronti ad issare la nostra bandiera. E ancora una volta: è questa la nostra arte. Petto in fuori ed occhio supervisore. Guardiamoci dentro. Scandagliarci per bene, sino a capire che… la nostra vita è un capolavoro. E allora Marzullo, può andarsene anche a quel paese con la sua classica domanda: “La vita è un film?”. No, è un’opera d’arte.
La classica domanda, quando si tratta di arte è: “Cos’è per te l’arte?”. Domande abbastanza banali, tipo l’intervista alla velina mora alla quale le viene chiesto: “Come dovrebbe essere il tuo uomo preferito?”. E lei: “Prima cosa, deve essere intelligente, poi deve farmi ridere e deve essere un gentiluomo, un uomo fine”. Bene, bene. Ha le idee chiare la ragazza. Vado dalla parrucchiera, prendo in mano Novella 2000 e leggo in prima pagina: “La velina Melissa in vacanza con il suo nuovo fidanzato: Bobo Vieri”. Mah… Punti di vista.
L’arte, dal canto suo, non deve essere riposta in categorizzazioni, in risposte brevi a domande secche. Impossibile classificarla, perché l’arte è intorno a noi. La respiriamo tutti i santi giorni, anche se pochi si accorgono che quell’aria, se inspirata come si deve, possiede mille e uno benefici. L’arte, il desiderio di esplorare, di creare, di conoscere pensieri, parole, opere… punti di vista nella visione del mondo, ideologie e tutto quanto rientra nell’abisso infinito dell’arte, è connaturata al nostro desiderio di essere uomini. A questo punto, come il cacio sui maccheroni, è quasi spontaneo andare a rileggersi uno stralcio del discorso - tenuto al Politecnico di Zurigo nel 1856 - del critico per antonomasia Francesco De Sanctis: “Voi siete in un’età, nella quale, impazienti dell’avvenire, ciascuno se lo figura a sua guisa. Quali sono i vostri sogni? Che cosa desiderate voi? Fare l’ingegnere? È giusto: ciò dee servire alla vostra vita materiale. Ma, e poi? Oltre la carne vi è in voi l’intelligenza, il cuore, la fantasia, che vogliono esser soddisfatte. Oltre l’ingegnere vi è in voi il cittadino, lo scienziato, l’artista. Ciascuno si fa fin da ora una vocazione letteraria. Né vi meravigliate, poiché la letteratura non è già un fatto artificiale; essa ha sede al di dentro di voi. La letteratura è il culto della scienza, l’entusiasmo dell’arte, l’amore di ciò che è nobile, gentile, bello; e vi educa ad operare non solo per il guadagno che ne potete ritrarre, ma per esercitare, per nobilitare la vostra intelligenza, per il trionfo di tutte le idee generose. Questo è ciò ch’io chiamo vocazione letteraria; e voi m’intendete, o giovani, voi, ne’ quali l’umanità ogni volta si spoglia delle sue rughe e si ribattezza a vita più bella”.
Parole dense di vita, di spirito, e di arte. Dovremmo leggerle ogni mattina (soprattutto noi giovani), o mentre ammazziamo il tempo in passatempi inutili che hanno l’unico scopo di refrenare timidi avanzamenti di noia. Si vedono ragazzi che a 18-19 anni vivono nel “non senso”, nell’appiattimento. Non hanno una direzione. Non si vuol intraprendere un discorso sociologico o dare consigli (non ne sono in grado); però, tutti dovrebbero capire che la nostra vita è un capolavoro. Bisogna vivere in un’opera d’arte, con la consapevolezza vivida che si è attori del nostro presente. Acciuffare il nostro tempo in un respiro, creare qualcosa partendo da noi stessi, sbattere più volte in faccia ai muri per poi trovarne uno di cartongesso facile da abbattere. È la nostra arte, siamo tutti degli artisti. Non è un discorso avanguardistico, ma reale. Quel contadino che coltiva il suo pezzo di terra per tutto l’anno, e a fine Luglio vede le sue spagnolette venir su in ottima forma, belle, grandi e polpose. A fine giornata, si poggia su una zolla di terra e ammira il suo orto. Questi, è un uomo che contempla la sua opera d’arte, questi è Dante che rilegge la Commedia, questi è Ungaretti che interpreta le proprie poesie, questi è Van Gogh che guarda il suo quadro di girasoli con occhio clinico.
Siamo fatti di carne, di sangue e di arte. È questa la vera differenza tra uomo e animale. La vita di ognuno di noi può essere un capolavoro. Non bisogna essere grandi geni o grandi artisti per renderla tale. La nostra vita comune è piena d’arte. Se leggi un libro accompagnato da un buon bicchiere di vino e riscaldato da un camino, sei un artista. Se ti fermi a guardare un tramonto e cerchi di entrarci dentro con il cuore e con la mente, sei un artista. L’altrove fantastico, emozionante, quindi artistico, possiamo raggiungerlo con pochi mezzi a disposizione. Quel “Nessun luogo è lontano”, titolo che Richard Bach ha dato ad un suo fortunato libro, può essere inteso anche così: il luogo poetico, la voglia di vita spremuta e sorridente, l’ardore della conoscenza per far sempre più parte di questa benedetta terra… È tutto lì, dietro l’esser diventati uomini, grandi artisti nel nostro piccolo; guerriglieri pacifici pronti ad issare la nostra bandiera. E ancora una volta: è questa la nostra arte. Petto in fuori ed occhio supervisore. Guardiamoci dentro. Scandagliarci per bene, sino a capire che… la nostra vita è un capolavoro. E allora Marzullo, può andarsene anche a quel paese con la sua classica domanda: “La vita è un film?”. No, è un’opera d’arte.