28 gennaio 2007

Nell’indietreggiare… la scuola si rinnova

America under attakdi Emanuele Di Mascolo

Ricordo il mio primo giorno di scuola superiore in modo vago. Quando si è nuovi ci si sente a disagio, oserei dire quasi inopportuni, rispetto al contesto. Ho trascorso anni spensierati tra i banchi di scuola (sei per l’esattezza), ho conosciuto persone a cui mi sento legato in modo fraterno. A volte riaffiorano nella mia mente pensieri, profumi,volti amici: Giannino, Mauro, Robertino, Simona ed Ersilia. Ci sono giorni che non possono essere dimenticati, momenti di vita trascorsi insieme, irripetibili. Un giorno, sentii dire dal preside in una delle sue tante ammende, che “la scuola in fondo non è altro che uno spaccato, un modello in piccolo della società in cui viviamo”. Io non mi spingo così lontano in simili comparazioni, ma quanto meno credo che qualche paragone possa essere fatto. Intendo la scuola come un filtro, o meglio uno specchio riflesso in cui si ripercuotono determinate problematiche esterne. Benché le relazioni materiali tra gli uomini siano ben altra cosa, nella scuola moderna è dato scorgere il carattere ambiguo e contraddittorio che questa struttura sempre più rappresenta. Sono ormai lontani gli anni delle grandi rivendicazioni per un sapere autentico, in grado di sviluppare quella capacità critica nei soggetti che apprendono. Oggi la scuola italiana si configura sempre più come semplice appendice del sistema d’impresa, modellandosi secondo le sue esigenze di congiuntura. Qualcuno si è spinto persino oltre, parlando di scuola-azienda. Dopotutto, perché stranirsi? Noi nel bel paese ci abbiamo già un partito azienda, un ex presidente del consiglio che divenne presidente a suon di voti per difendere gli interessi della sua azienda, e poi poco importa se quelli che ci rimettono sono sempre gli stessi; tanto oggi, ormai ognuno è “imprenditore di se stesso”. Ci hanno riempito le orecchie di parole come competitività, flessibilità, specializzazione dei saperi, efficienza. Ma siamo sicuri che queste categorie e criteri siano applicabili nel campo del sapere senza che il sapere stesso ne venga compromesso? Fino a che punto è desiderabile la cosiddetta razionalizzazione dei programmi scolastici, se il risultato finale è quello di ritrovarsi dei perfetti semi analfabeti? Quando ero al Nautico, qualche riformatore illuminato pensò bene di introdurre l’uso dei moduli nel procedimento didattico. Ci dissero che con questo sistema si sarebbero colpiti i furbi, quelli che non studiano, parassitando sulle spalle dei compagni più studiosi. Vennero sospese le interrogazioni orali, il programma fu suddiviso in moduli, ed alla fine di ogni modulo doveva essere sostenuta una prova scritta. Credo che il risultato migliore di questo metodo sia stato quello di riuscire a far disapprendere quel poco di italiano parlato che qualcuno di noi conosceva. Per quanto riguarda i furbi, invece di essere stati colpiti, in realtà sono stati favoriti, non studiavano e i compiti in classe si copiavano. Poi venne l’università. Con le sue lauree brevi, i suoi ritmi forsennati e i suoi scarni programmi. Ricordo ancora lo stupore che provai quando scoprii che quello che stava preparando un mio amico non era solo un famigerato”modulo” di storia contemporanea, ma bensì l’esame di storia contemporanea. Un libro all’incirca di 150 pagine, che trattava del fascismo e della seconda guerra mondiale. Come era possibile, che un esame così importante si riducesse alla trattazione di soli due argomenti, seppur di vitale importanza per la comprensione del secolo ventesimo? Forse la flessibilità ci entrava qualcosa, ora cominciavo a capire anche io cosa poi questa significasse. Nel senso prettamente contrattuale del termine significava che potevano mandarti a casa quando volevano, delle tue ricerche l’Italia non sa che farsene, sei semplicemente uno che viene strizzato all’uopo, l’uomo buono per tutte le stagioni.

L’Italia è il paese in cui gli stipendi dei professori sono tra i più bassi di tutta Europa. E come se non bastasse, è anche il paese in cui il finanziamento pubblico alla ricerca è praticamente irrisorio. I ricercatori sono una categoria che può vantare un salario da fame, e poi debbo sentirmi dire dal professore di sociologia dello sviluppo, che la classe lavoratrice non esiste più, o che non c’è più sfruttamento; voi come gli definireste 800 euro mensili per più di dieci ore di lavoro al giorno? Così succede di assistere a una vera e propria fuga di cervelli. E il mondo è pieno di lidi pronti ad accoglierli. Paesi come gli stati uniti, la Finlandia, la Norvegia, per non parlare di India e Cina, spendono per la ricerca qualcosa come il sette per cento del prodotto nazionale lordo. L’Italia è indietro,tremendamente indietro. E le riforme di Berlinguer e Moratti non fanno altro che esasperare questa situazione. La flessibilità che lor signori stanno a poco a poco imponendo al mondo dell’istruzione, uccide il pensiero, uccidendo il pensiero si uccide la scienza. Vorrei chiudere questo brevissimo scritto ricordando una citazione di Bertolt Brecht raccolta nel suo diario di poesie: “Ogni anno in settembre, quando comincia l’anno scolastico le donne nelle cartolerie dei sobborghi comprano i libri di scuola e i quaderni per i loro bambini. Disperate cavano i loro ultimi soldi dai borsellini logori, lamentando che il sapere sia così caro. E dire che non hanno la minima idea di quanto sia cattivo il sapere destinato ai loro bambini".

06 gennaio 2007

Buon compleanno "L'illogica allegria"

Un anno: i primi dentini, i primi passi, le prime sculacciate, i primi sorrisi...

di Paolo Coiro


Nato così, quasi per scherzo, senza un’idea editoriale vera e propria, senza una struttura ben definita. Il nostro giornale compie un anno; spegne la prima candelina e… tutti a mangiare la torta. Partiti in sette-otto ragazzi, partiti con otto pagine, partiti con mille copie distribuite solo a Gaeta. Oggi siamo circa venticinque collaboratori, il mensile è di dodici pagine, stampiamo duemila copie distribuendole a Gaeta e Formia. Insomma, qualche passetto avanti è stato fatto, e altri se ne faranno. Una tappa davvero importante è stata firmata il 10 ottobre 2006: con l’autorizzazione del tribunale di Latina siamo diventati una testata giornalistica ufficiale. Finisce il periodo del giornaletto mezzo abusivo e, anche noi, iniziamo a sentirci qualcosa che si avvicina a un giornalista.

Col passare del tempo creiamo una struttura editoriale definita e un organigramma redazionale. Ognuno ha il suo compito, ognuno cura la sua rubrica più vicina ai suoi interessi. Da Enrico De Santis, alias dottor Neutrone Pensieroso, a Luca di Ciaccio affacciato alla sua “Finestra sul cortile”. A pensarci bene, immagino proprio così tutti noi: affacciati a una finestra che dà su uno spiazzo, su un cortile, su un’altra finestra (che tristezza…), sulla strada. Tutti lì a fissare con occhi trasognati qualcosa o qualcuno. Su oggetti e persone fondiamo il nostro pensiero leggero dal quale traiamo il nostro spunto, la nostra riflessione, la nostra scoperta. Durante le periodiche riunioni, le discussioni non sono mancate: alcune abbastanza animate, altre più leggere; interrogativi del tipo: “Perché Rotondino uomo immagine?”. Oppure il guastafeste Benedetto a cui nulla sta bene. Ci si scontra per trovare un punto d’incontro, ci si perde un po’ d’animo poi si riparte a mille.

Una delle vittorie più grandi è stata nel momento in cui siamo stati contattati da altri ragazzi di Gaeta che neanche conoscevamo. Ti dicono che anche loro vogliono far parte di questo progetto. Vedi arrivare alle riunioni altri giovani rampanti e pieni d’idee. Allora capisci che si può solo migliorare, che non sei un caso isolato, ma anche altri hanno il tuo stesso spirito. Il nostro modesto orgoglio viene rinvigorito quando l’edicolante ci avvisa che più di una persona gli ha domandato quando sarebbe uscito il nostro giornale. Così, ascolti voci di apprezzamento, critiche feroci, vedi scritte sui muri contro “L’illogica allegria”. Va tutto bene; mettiamo in circolo delle idee, delle opinioni. Non vogliamo osannarci troppo. Siamo un granellino della spiaggia di Fontania (dico Fontania così ci sentiamo meno piccoli), ma siamo comunque una realtà unica a Gaeta. Pronti a dire la nostra su temi locali e nazionali. Sul politico, sul commerciante, sul tifoso, sul pensionato… Non vorremmo diventare un giornale locale, cerchiamo di mantenere il nostro sguardo su un’angolatura abbastanza ampia, però, siamo sempre interessati ad analizzare questo presepio – e non villaggio nordico, per carità! -, il nostro paese, la nostra Gaeta. Pronti a tessere le sue lodi, pronti a tirarle le orecchie, pronti a punzecchiarla un po’. Penso che sia interessante, anche per gli adulti, leggere come i giovani vedono Gaeta. Non possiamo sbilanciarci troppo, altrimenti qualche politico potrebbe rubarci dei nostri punti di vista, delle nostre idee; candidarsi a sindaco e poi vincere di sicuro le elezioni.

Nel frattempo, noi siamo qui: su queste pagine e per le vie di Gaeta. C’è Paoletto Bellipanni che legge Baudelaire, scrive poesie, e scrive per la rubrica “Il concetto”. Della sua squadra fanno parte Federica Ciccariello – anche lei amante di letteratura e poesia – e Giovanni Gaetani, pronto a filosofeggiare, a citare, ma anche sempre pronto a dire cazzate mentre si cerca di trovare una soluzione. Enrico De Santis: il sopra citato dottor Neutrone Pensieroso. Cura con dedizione la sua rubrica scientifica e periodicamente ci regala qualche sua apprezzata vignetta. Insieme a lui c’è anche l’ingegner Filippo Forcina; ma lui ha fatto una scelta: a elettroni, calcoli e particelle molecolari, ha preferito salsiccia, fagioli, bisteccone, pasta fatta in casa. No, non lavora con Antonella Clerici; si occupa della rubrica “Tavola imbandita”. Insieme al nostro fotografo ufficiale – nonché grafico e vignettista – Nicola Di Liegro, vanno in giro a scovare ristorantini da pubblicizzare su L’illogica. Sono quelli che ci guadagnano di più: scroccano pranzi e pranzetti a volontà. Piccola nota di costume: Forcina è stato soprannominato “Il re del piparuolo”, per la sua predilezione per i peperoni… Luca Di Cecca: ultimo acquisto. Arrivato insieme ad Andrea Lisi – che si occupa anche lui de “Il concetto” – ha proposto una sua rubrica: “Una vita”. Ogni mese ci regala una breve biografia di un personaggio famoso. Il quasi omonimo Luca Di Ciacco è sempre lì affacciato alla finestra del suo appartamento di Roma, mentre Benedetto Milanese e Bruno Forosetto se ne vanno in giorno a fare interviste. Interviste doppie per la rubrica “In my opinion”. Da poco siamo diventati anche internazionali grazie all’inviato da Londra sir Davide Nardone. Andato via Caprarica, ha preso il suo posto… Si vocifera che abbia iniziato a comprarsi anche le sue stesse cravatte. Oltre che internazionali siamo anche nazionali. Sì, perché da Battipaglia la carissima Angela Pellegrino si è così affezionata al nostro giornale, che ogni mese ci invia le sue deliziose e uniche recensioni di libri scelti da lei. Dalla capitale, tra i tanti, salutiamo Antonio Vaudo ed Erasmo Fedele; quest’ultimo ha iniziato a curare una rubrichetta sul dialetto gaetano. Altra gradita firma rosa è quella di Mariachiara Stenta, oltre alla correttrice di bozze Linda Coiro. Ha detto che “per fare carriera bisogna partire dal basso”... “Lavori in corso” per Daniele Di Russo e del presidente Emanuele Di Mascolo, questo il titolo della loro rubrica. Il numero di fotografi è aumentato nel giro di poco tempo, ne abbiamo ben quattro: Francesco Cicconardi che ci manda i suoi scatti da Siena, Nicola Di Liegro, e i cugini formiani Massimiliano Maddalena e Centola. Un ringraziamento particolare va al nostro direttore Alberto Reggiani che ci segue dall’alto... ops... dal nord volevo dire. Da Latina. Dulcisinfundo il nostro Rotondino, al secolo Valerio Spinosa. Non solo ha iniziato a curare la rubrica di “Aphorism.it” selezionando aforismi, poesie e racconti, ma è soprattutto il nostro uomo immagine. Questo è tutto. Un arrivederci a l’anno prossimo, dove ci ritroveremo più invecchiati ma sempre pronti a osservare come gira il mondo e la nostra cara Gaeta.