"Ma cos’è la destra? Cos’è la sinistra?"
di Emanuele Di Mascolo
Spiegavamo già nell’editoriale del secondo numero di questo giornale, il ruolo che gioca la cultura nella società moderna. Il suo servizio al potere costituito, la sua funzione asservitrice. Di contro, né mettevamo in evidenza anche le potenzialità emancipatrici che essa possiede. Dunque: la cultura è anzitutto uno strumento (nel senso del ruolo sociale che svolge), un’arma di controllo e repressione nelle mani di caste privilegiate, di riscatto ed emancipazione in quelle degli oppressi. Da ciò è evidente, che la cultura è sempre per qualcosa o per qualcuno, in altre parole: la cultura è di parte. Quest’affermazione apre il campo ad altre due considerazioni. La prima di queste è l’idea secondo cui la “cultura è di sinistra”. Ciò se non’è del tutto falso, è comunque un affermazione erronea. Prima di tutto perché se si considera la cultura uno “strumento” al servizio di una determinata classe sociale, al massimo si può sostenere che la sinistra sia portatrice di istanze di riscatto sociale che alla destra sono aliene. Quando parlo di istanze, parlo di intenti che sostanzialmente oggi nello scenario politico italiano rimangono sulla carta, dato lo sconcertante livello di subalternità all’ideologia dominante a cui si è ridotta la sinistra italiana. Ma qui ora conviene uscire dal terreno di ipotetici valori di riferimento per ricondurre il discorso su un piano pratico.
Insomma, malgrado la destra sia spesso portatrice e promotrice di una sub-cultura (il razzismo, l’omofobia, difesa pretestuosa di tradizioni che non hanno più senso nella società odierna), ciò non basta per poter dire “la cultura è di sinistra”. Al contrario, esiste una cultura della destra (e sub-cultura) ed una cultura della sinistra. La prima potrebbe essere identificabile con valori come il nazionalismo - da non confondere con il patriottismo - la difesa delle proprie radici contro l’invasione dei muslims , che ci rubano il lavoro e stuprano le donne; la seconda con ideali di giustizia sociale, democrazia economica e politica, rispetto dei diritti e delle diversità. Lontani dall’intento di voler condurre un confronto filosofico, (anche perché non ne avremmo le capacità) su ciò che distingue la destra dalla sinistra; quello che ci interessa è comprendere l’ingiustificato pregiudizio che si ha nella nostra “spensierata e ridente” cittadina, nei confronti di chi, cerca con mille difficoltà di portare avanti una “situazione culturale”, come direbbe il nostro buon Pinna. Il pregiudizio, è semplicemente quello di considerare di sinistra qualsiasi persona che cerchi di ravvivare l’apatia gaetana con delle iniziative culturali. È assurdo, nonché stupido, pretendere da un’associazione culturale come “L’illogica allegria”, una presunta neutralità. Non si può chiedere alla cultura di essere neutrale, come se fosse un corpus estraneo alla realtà che viviamo; sarebbe un po’ come chiedere a dei giovani di non avere idee, un invito a rifugiarsi nel privato. L’illogica allegria non è nata come associazione culturale di sinistra o di destra, ciò non impedisce però che i soci che ne fanno parte possano esprimere le proprie considerazioni e punti di vista.
Chi leggerà questo editoriale, non potrà far altro che constatare che è scritto da una persona sicuramente di sinistra; ed ha ragione. Molti altri, probabilmente non lo leggeranno nemmeno, o ci faranno degli aeroplanini , dato che lor signori non leggono la “stampa rossa”. Ma il punto è, che si deve essere arrivati proprio in basso se si pensa a prescindere da tutto, che chi fa cultura è di sinistra. In questo caso mi augurerei che lo diventassero tutti. E credo che sia anche un’offesa, per tutte quelle persone che scrivono su un giornale o svolgono attività culturali, che un’editoriale del genere non l’avrebbero mai scritto, perché sono di destra, sentire simili scemenze. La cosa peggiore poi che sono soprattutto i giovani, coloro a cui noi tentiamo di rivolgerci, dove sembrano più forti e radicati simili pregiudizi. Quindi oserei azzardare che il problema è un altro: un problema che è anche di natura politica, ma soprattutto culturale. La gente non legge, indipendentemente da quello che gli si dà in mano, è la routine, il senso comune, l’abitudine maledetta di essere cresciuti in un posto dove l’appiattimento mentale è totale. È molto triste dire queste cose, ma è un dato di fatto. Noi dell’illogica allegria di questo ne siamo consci, ma non per questo meno motivati ad andare avanti con la nostra battaglia, per migliorare Gaeta. E badate bene che questa non è una battaglia né di destra né di sinistra, ma di rivendicazione, di riscatto e di autonomia di tutti i giovani di questo paese.
Spiegavamo già nell’editoriale del secondo numero di questo giornale, il ruolo che gioca la cultura nella società moderna. Il suo servizio al potere costituito, la sua funzione asservitrice. Di contro, né mettevamo in evidenza anche le potenzialità emancipatrici che essa possiede. Dunque: la cultura è anzitutto uno strumento (nel senso del ruolo sociale che svolge), un’arma di controllo e repressione nelle mani di caste privilegiate, di riscatto ed emancipazione in quelle degli oppressi. Da ciò è evidente, che la cultura è sempre per qualcosa o per qualcuno, in altre parole: la cultura è di parte. Quest’affermazione apre il campo ad altre due considerazioni. La prima di queste è l’idea secondo cui la “cultura è di sinistra”. Ciò se non’è del tutto falso, è comunque un affermazione erronea. Prima di tutto perché se si considera la cultura uno “strumento” al servizio di una determinata classe sociale, al massimo si può sostenere che la sinistra sia portatrice di istanze di riscatto sociale che alla destra sono aliene. Quando parlo di istanze, parlo di intenti che sostanzialmente oggi nello scenario politico italiano rimangono sulla carta, dato lo sconcertante livello di subalternità all’ideologia dominante a cui si è ridotta la sinistra italiana. Ma qui ora conviene uscire dal terreno di ipotetici valori di riferimento per ricondurre il discorso su un piano pratico.
Insomma, malgrado la destra sia spesso portatrice e promotrice di una sub-cultura (il razzismo, l’omofobia, difesa pretestuosa di tradizioni che non hanno più senso nella società odierna), ciò non basta per poter dire “la cultura è di sinistra”. Al contrario, esiste una cultura della destra (e sub-cultura) ed una cultura della sinistra. La prima potrebbe essere identificabile con valori come il nazionalismo - da non confondere con il patriottismo - la difesa delle proprie radici contro l’invasione dei muslims , che ci rubano il lavoro e stuprano le donne; la seconda con ideali di giustizia sociale, democrazia economica e politica, rispetto dei diritti e delle diversità. Lontani dall’intento di voler condurre un confronto filosofico, (anche perché non ne avremmo le capacità) su ciò che distingue la destra dalla sinistra; quello che ci interessa è comprendere l’ingiustificato pregiudizio che si ha nella nostra “spensierata e ridente” cittadina, nei confronti di chi, cerca con mille difficoltà di portare avanti una “situazione culturale”, come direbbe il nostro buon Pinna. Il pregiudizio, è semplicemente quello di considerare di sinistra qualsiasi persona che cerchi di ravvivare l’apatia gaetana con delle iniziative culturali. È assurdo, nonché stupido, pretendere da un’associazione culturale come “L’illogica allegria”, una presunta neutralità. Non si può chiedere alla cultura di essere neutrale, come se fosse un corpus estraneo alla realtà che viviamo; sarebbe un po’ come chiedere a dei giovani di non avere idee, un invito a rifugiarsi nel privato. L’illogica allegria non è nata come associazione culturale di sinistra o di destra, ciò non impedisce però che i soci che ne fanno parte possano esprimere le proprie considerazioni e punti di vista.
Chi leggerà questo editoriale, non potrà far altro che constatare che è scritto da una persona sicuramente di sinistra; ed ha ragione. Molti altri, probabilmente non lo leggeranno nemmeno, o ci faranno degli aeroplanini , dato che lor signori non leggono la “stampa rossa”. Ma il punto è, che si deve essere arrivati proprio in basso se si pensa a prescindere da tutto, che chi fa cultura è di sinistra. In questo caso mi augurerei che lo diventassero tutti. E credo che sia anche un’offesa, per tutte quelle persone che scrivono su un giornale o svolgono attività culturali, che un’editoriale del genere non l’avrebbero mai scritto, perché sono di destra, sentire simili scemenze. La cosa peggiore poi che sono soprattutto i giovani, coloro a cui noi tentiamo di rivolgerci, dove sembrano più forti e radicati simili pregiudizi. Quindi oserei azzardare che il problema è un altro: un problema che è anche di natura politica, ma soprattutto culturale. La gente non legge, indipendentemente da quello che gli si dà in mano, è la routine, il senso comune, l’abitudine maledetta di essere cresciuti in un posto dove l’appiattimento mentale è totale. È molto triste dire queste cose, ma è un dato di fatto. Noi dell’illogica allegria di questo ne siamo consci, ma non per questo meno motivati ad andare avanti con la nostra battaglia, per migliorare Gaeta. E badate bene che questa non è una battaglia né di destra né di sinistra, ma di rivendicazione, di riscatto e di autonomia di tutti i giovani di questo paese.